La cromatura è uno di quei particolari processi industriali che, sviluppati per una funzione specifica e precisa, si sono poi trovati ad essere impiegati anche per una serie di ragioni del tutto diverse da quelle che erano inizialmente nelle intenzioni dei progettisti che hanno sviluppato la tecnologia necessaria, e di fatto anche nella mente del pubblico privo di competenze tecniche sono arrivati ad essere famosi e citati con maggior frequenza per questi utilizzi “secondari” piuttosto che per i loro scopi primari. Se parliamo appunto di cromatura, infatti, non sono i motivi meccanici e fisici per cui è stata inventata a renderla famosa, bensì il caratteristico risultato estetico che si ricerca sui dettagli, sia con la cromatura dei metalli che con la cromatura plastica.
È infatti caratteristico, specie nel parlare comune, avere un’idea molto precisa quando si usa il termine “cromatura” – e questa idea non ha, di certo, a che vedere con le caratteristiche meccaniche, di durezza e resistenza all’abrasione, che tale processo può conferire ad esempio ad un particolare metallico come la parte funzionale di una macchina utensile. Il termine cromatura infatti porta alla mente, più facilmente, l’idea di una superficie metallica lucida e scintillante, che non annerisce e non arrugginisce e ha un aspetto che può andare dall’ “hi-tech” al fascino, magari più retrò, dei particolari di certe vecchie automobili.
Purtroppo, però, questo procedimento che sposa tante utili caratteristiche di tipo meccanico a un così elevato valore estetico (che lo rende uno strumento spesso utilizzato nel campo del design , particolarmente per dettagli eleganti), e che quindi trova tanto imponente impiego sia nell’industria pesante che nella manifattura di oggetti domestici, è gravato da un preoccupante difetto, la cui rilevanza, soprattutto oggi che l’impatto sull’ecologia dei processi industriali sta sempre più assumendo l’importanza che merita fra i fattori da valutare, non può più essere trascurata: è infatti una prassi che genera una grande abbondanza di sostanze inquinanti e pericolose.
Ciononostante, a dare tale problema ambientale sono unicamente le tecnologie di cromatura a bagno galvanico, che sono purtroppo quelle storicamente a maggior diffusione; consistono nell’immergere gli oggetti da cromare in un apposito bagno, così che gli atomi di cromo ne ricoprano la superficie in uno strato sottile, rendendola come dicevamo poche righe fa lucida, dura, e resistente ad abrasione e corrosione. Inizialmente, infatti, prima che per legge fosse reso obbligatorio il passaggio alla variante di cromo detta trivalente, meno tossica e dannosa, in tali bagni veniva impiegato il cromo cosiddetto esavalente, che presenta enormi rischi per la salute degli operatori in quanto sia subito tossico che, ancor più grave, cancerogeno; inoltre il procedimento richiedeva l’utilizzo di acidi, come l’acido cloridrico e la soda caustica, il cui smaltimento generava ulteriore inquinamento.
Tuttavia, recentemente, nuovi metodi sono stati sviluppati per eseguire cromature su pezzi metallici e plastici senza incorrere in tali rischi di inquinamento. La nuova prassi prevede infatti che il pezzo venga pretrattato con un rivestimento di tipo ceramico, e successivamente immerso in un plasma (ossia uno stato comparabile al gas, ma in cui le particelle sono ionizzate) del cromo da posare. Il risultato di tale procedimento, eseguito sottovuoto, è una cromatura identica nell’aspetto a quella convenzionale a scopo decorativo, ma priva delle controindicazioni legate all’inquinamento.
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