Qual è il problema più grande del fare ginnastica da soli?
Chiunque abbia provato conosce la risposta: la costanza. Senza uno stimolo esterno, uno sprone, mantenere a lungo la volontà e l’impegno di fare quei chilometri di corsa ogni giorno diventa sempre più difficile. E l’hanno scoperto anche i costruttori di dispositivi indossabili per tracciare l’attività fisica, uno dei gadget di massima diffusione quest’anno: dopo un paio di mesi, l’entusiasmo va a scemare e i dispositivi finiscono in fondo ad un cassetto. Un problema non insignificante, soprattutto per chi volesse costruire un modello di business proprio sull’utilizzo continuato – magari con servizi aggiuntivi – di questi dispositivi. C’è chi ha cercato di risolvere il problema permettendo di diffondere sui social network i propri risultati, ma la soluzione sembra non essere definitiva.
E c’è chi ha pensato di tornare al vecchio modello di rapporto fra allenatore e atleta, seppure dilettante – e l’ha fatto sfruttando la tecnologia per poter collegare, con enormi risparmi sui costi, allenatori localizzati in India con aspiranti atleti di tutto il mondo occidentale. GOQii, un’azienda innovativa del settore, crede tanto in questo approccio da dare in omaggio i propri dispositivi di tracciamento attività fisica, e fatturare invece un servizio di sei mesi, a 99 dollari, che prevede scambi di messaggi di testo quotidiani, e una telefonata al mese, con un vero allenatore che studia e analizza i dati rilevati dal dispositivo e sa quindi valutare l’andamento del processo di allenamento. Un’idea nata dall’esperienza del fondatore, che è il primo utente del servizio.
Il suo allenatore gli scrive per sapere se ha dormito bene, gli raccomanda di evitare bevande energetiche in lattina e gli suggerisce invece un succo di carota e zenzero, e si assicura che ieri abbia fatto la sua corsa quotidiana, perchè gli risulta dai dati trasmessi dal contapassi del dispositivo che abbia camminato molto poco. Il tutto crea un rapporto umano e mentale che è il vero segreto, secondo l’azienda, del successo di questo approccio e della sua squadra di 50 allenatori “remoti”. Un’idea che ha diversi lati interessanti, se dobbiamo valutare dall’investimento di capitali fatto, fra gli altri, da Amit Singhal, senior vice president di Google.
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